Dinamiche cliniche dello stupro di gruppo
Lo stupro di gruppo è un fenomeno purtroppo sempre più frequente e presente nelle notizie di cronaca. Al di là dei possibili scenari, la dinamica appare sempre la stessa: individui che potrebbero non essere inclini allo stupro individuale vengono “trasformati” dal gruppo in stupratori. Queste violenze, infatti, si verificano in contesti apparentemente normali, coinvolgendo individui che non sarebbero soliti compiere tali atrocità da soli.
Questo tipo di violenza ha radici profonde nella misoginia e nel machismo, con la donna diventata un bersaglio da disprezzare e usare come merce usa e getta. Secondo l’autrice e femminista Susan Brownmiller, contrariamente allo stupro individuale, dove l’aggressore può provare piacere sessuale nel sottomettere la vittima, nelle dinamiche di gruppo dominano la brutalità e la rabbia. Il piacere sessuale passa in secondo piano, o scompare del tutto, trasformando la violenza in una sorta di caccia spietata.
Ma chi sono questi individui “normali” che si trasformano in stupratori di branco? Le statistiche mostrano che gli stupri di gruppo sono più comuni tra adolescenti e giovani, dove l’appartenenza al gruppo e il riconoscimento di un leader diventano determinanti. La coesione del gruppo aumenta quando condividono ideologie culturali distorte, spesso dovute all’inesperienza. Nei gruppi in questione, l’ideologia culturale è una sorta di “mascolinità distorta” e la preda comune è la donna, intesa come oggetto di sfogo di tale mascolinità. Spesso sono i soggetti con tratti psicopatici a emergere come leader, mentre nel resto del gruppo s’innesca una sorta di sudditanza e cieca ammirazione per quest’ultimo.
L’uso di droghe, fumo e alcol amplifica questi comportamenti disfunzionali, riducendo il controllo individuale. Inoltre, la moralità sembra dissolversi nelle dinamiche di gruppo, come dimostrato dagli esperimenti condotti da psicologi come Stanley Milgram e Solomon Asch. In pratica, l’identità individuale si fonde con quella di gruppo, priva di limiti e moralità.
Un altro fattore chiave è la percezione dell’impunità. Le ricerche indicano che molti aggressori credono di poter sfuggire alle conseguenze legali, alimentando atti più aggressivi e cruenti. Questo fenomeno è spesso premeditato, con gli aggressori che scelgono le loro vittime con cura, cercando il momento migliore per attaccare.
“Victim blaming” o colpevolizzazione della vittima
Come se ciò non bastasse, nel sentire casi di violenza sessuale e stupro di gruppo, c’è sempre tra la gente qualcuno che afferma “se l’è cercata!” oppure “ha avuto quello che meritava”. Queste affermazioni sono un caso eclatante di victim blaming operato da una parte della società. Questo fenomeno si verifica quando chi ha subito un danno viene ritenuto in parte o completamente responsabile del trauma che ha vissuto. È un problema sociale drammatico che può avere conseguenze devastanti sulla vittima, come l’autocolpevolizzazione e la vergogna.
La società spesso tende a colpevolizzare la vittima anziché affrontare la responsabilità dell’abusatore. Questo può portare la vittima a dubitare della propria esperienza e a sentirsi in colpa.
La vergogna sperimentata della vittima genera un secondo trauma in uno scenario che è già di per sé traumatico. Quando poi il danno subito non viene convalidato, la vittima non si riconosce in questo ruolo. E’ a questo punto che inizia ad autocolpevolizzarsi. In questi casi, esaminare il danno subito, per la vittima, porta solo a ulteriore colpa e incertezza sull’esperienza vissuta . La vittima può iniziare a dubitare di ciò che ha vissuto (forse l’ho immaginato, forse non è andata esattamente così… forse io ho sbagliato…).
Il victim blaming può avere conseguenze gravi, tra cui ansia, depressione, difficoltà nelle relazioni, bassa autostima, problemi di dipendenza, autolesionismo, ideazione suicidaria e disturbi del sonno. Per proteggerci dal victim blaming, è importante prestare attenzione a noi stessi e alle persone intorno a noi.