La pulsione all’isolamento sociale
“Hikikomori” è una parola giapponese che significa letteralmente “stare in disparte, isolarsi” e viene usata per fare riferimento a un nuovo e dilagante fenomeno sociale che riguarda soprattutto adolescenti e giovani adulti. Gli hikikomori sono ragazzi che scelgono di isolarsi dalla società, rifiutano le relazioni sociali e si chiudono in casa senza mai uscire per mesi o anni. Nei casi più gravi la reclusione può arrivare anche oltre i 30 anni.
In Giappone il fenomeno è esploso negli anni ’80 e le ultime stime del governo parlano di più di 500.000 casi. Tuttavia, le associazioni che si occupano del fenomeno sospettano che nel paese del Sol Levante ci siano oltre 1 milione di ragazzi isolati, ma che sia difficile individuarli perché spesso le famiglie stesse nascondono il fatto di avere un figlio recluso in quanto motivo di vergogna.
Quali sono le cause di questo fenomeno?
Le cause di questo fenomeno possono essere racchiuse in tre macro-aree:
- cause caratteriali: gli hikikomori sono spesso ragazzi molto intelligenti e sensibili, che faticano a relazionarsi con gli altri e che trovano difficile vivere in una società ultra-competitiva come quella moderna;
- cause familiari: gli hikikomori sono spesso maschi figli unici (o comunque primogeniti) di famiglie benestanti. Su di loro vi è una grande aspettativa da parte dei genitori, che li incitano a studiare e ad ottenere successo scolastico sin dai primi anni di vita. Spesso queste pressioni alla realizzazione personale diventano insostenibili e causano un crollo psicologico nel ragazzo;
- cause scolastiche e sociali: quasi tutti gli hikikomori hanno subito atti di bullismo a scuola e quindi vivono l’ambiente scolastico in modo molto ansioso e negativo (nonostante le capacità intellettive adeguate o superiori alla media). Queste esperienze negative li portano ad avere una sfiducia nelle relazioni e, in generale, nel funzionamento della società, fino ad un netto rifiuto della stessa e alla scelta di non volere più farne parte.
Anche la dipendenza da internet viene spesso indicata come una causa dell’hikikomori. Soprattutto i media puntano il dito contro le nuove tecnologie e le incolpano di generare questa spirale di isolamento. Eppure, nonostante quasi tutti gli hikikomori utilizzino con assiduità computer e videogames, questi non sono la causa del loro ritiro, ma bensì una conseguenza. Il computer, infatti, rappresenta per un hikikomori l’unico mezzo di contatto con il mondo esterno, perso il quale il suo isolamento non cessa (come nel caso di un dipendente da internet), ma diviene più marcato.
I periodi più critici della vita, nei quali è più facile diventare un hikikomori, sono due: durante le scuole medie-superiori, perché ci si scontra per la prima volta con un contesto maturo e con i propri pari, oppure al termine delle superiori, prima di entrare nel mondo dell’università o del lavoro. Questo perché, una volta terminato l’iter scolastico vissuto come “obbligatorio”, viene richiesto un impegno diverso ai ragazzi, ovvero una motivazione intrinseca ad auto-realizzarsi, scegliere una carriera lavorativa, impegnarsi per ottenerla. Un esame fallito o un test d’ingresso andato male possono essere una miccia in grado di scatenare l’isolamento che, magari inizia gradualmente, ma che si auto-alimenta e diventa pian piano sempre più grave.
L’Hikikomori in Italia
L’hikikomori non è un fenomeno esclusivamente giapponese, ma si sta lentamente diffondendo in tutte le società sviluppate del mondo, Italia compresa. Nel nostro paese ci si sta accorgendo del fenomeno solamente negli ultimissimi anni, ma i casi sono già tantissimi: cifre non ufficiali stimano dai 50 ai 100 mila casi).
Le differenze tra gli hikikomori giapponesi e quelli italiani sono sostanzialmente due:
- gli hikikomori italiani mantengono solitamente un contatto, seppur conflittuale, con i propri genitori, mentre quelli giapponesi si isolano spesso chiudendo la porta della camera e non mostrandosi nemmeno per cena, facendosi lasciare il vassoio con il cibo fuori dalla porta;
- in Italia sembra che ci siano più hikikomori ragazze rispetto al Giappone. Questo dato potrebbe essere spiegato dal fatto che sulle donne ci sono spesso meno aspettative di realizzazione sociale e, a causa delle differenze di genere, una donna che non esce di casa è vista meglio e con meno ansia rispetto a un uomo recluso.
Attualmente in Italia non esistono veri e propri centri specializzati sul fenomeno, quindi spesso le famiglie e i ragazzi che desiderano ricevere aiuto non sanno a chi rivolgersi. Purtroppo il problema non è stato ancora compreso in molti casi nemmeno dagli stessi addetti ai lavori (psicologi, psichiatri, ecc.) che tendono a confondere la situazione di questi ragazzi con altre patologie (come ad esempio, la dipendenza da internet, la depressione, ecc.).
Ma l’Hikikomori, come sottolinea anche il Governo giapponese,
NON è una malattia, bensì una sindrome sociale dettata da una concomitanza di fattori, una di “scelta di vita” dettata dall’incapacità e dalla sofferenza che provoca il vivere nella società.
IL PROGETTO “HIKIKOMORI ITALIA”
“Hikikomori Italia” è la prima associazione italiana che mira a sensibilizzare le istituzioni e a contrastare il fenomeno dell’isolamento sociale volontario nel nostro paese.
Il progetto nasce nel 2013 con la fondazione del sito www.HikikomoriItalia.it, ad oggi il principale punto di riferimento nazionale sul fenomeno, con oltre 300.000 visite.
Nel settembre 2016 nascono anche il gruppo Facebook dedicato ai genitori di ragazzi hikikomori e la chat pensata per soggetti con problemi di isolamento sociale. Due strumenti messi gratuitamente a disposizione della community che ad oggi contano già centinaia di utenti attivi.
L’obiettivo principale dell’associazione è quello di far conoscere il fenomeno degli hikikomori in tutto il paese, in modo da sollecitare le istituzioni e l’opinione pubblica, ottenendo in questo modo maggiore considerazione e servizi.
Fonti: Dottor Marco Crepaldi, presidente fondatore di “Hikikomori Italia”